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Visualizzazione dei post da luglio, 2025

Le donne della corte di Tripoli

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  Richard Tully operò a Tripoli nel 1785, come funzionario consolare britannico nell‘Impero Ottomano e console generale di sua maestà britannia presso la corte tripolina. Le sue memorie forniscono un completo ragguaglio sulle abitudini della corte di Alì Karamanli, pashà di Tripoli, in un’epoca in cui la città serbava vivi aspetti del suo splendore ma già mostrava tutti i germi della decadenza che doveva poi colpirla. Tully vi risiedette per dieci anni e, per i suoi doveri, venne a trovarsi a stretto contatto con la famiglia dei Karamanli, potendone poi raccontare abitudini e particolari piccanti. Ciò che secondo il console britannico differenziava la corte tripolina dalle altre barbaresche era la maggiore libertà che in essa era lasciata alle donne della famiglia reale. Esse si occupavano degli affari di stato in un’atmosfera di gelosie e intrighi su cui era pesante l’ombra ottomana. Il pashà, infatti, da secoli prendeva in moglie solo straniere, per lo più schiave greche, armene ...

Il Carroccio

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  Il 5 luglio del 1150, i milanesi, battuti dai cremonesi, perdono il loro carroccio. Di cosa si trattava? Ci risponde Lodovico Antonio Muratori negli Annali d’Italia: “Pensando i Piacentini alla vendetta e alla maniera di rifarsi del danno e della vergogna lor fatta nell’assedio di Tabiano dai Cremonesi nell’anno precedente, strinsero, o pure confermarono lega coi Milanesi, con indurli a mettersi in campagna coll’esercito loro contra di essi Cremonesi. Così fece il popolo di Milano. In questo mentre i Piacentini voltarono le lor armi e macchine centra il suddetto castello di Tabiano, del quale in fine s’impadronirono, e tosto lo spianarono. Ben diverso fu l’esito dell’armata milanese. Venuta alle mani nel dì cinque di luglio coll’armata cremonese a Castelnuovo, fu forzata a voltarle spalle con perdita di molta gente e cavalli. Peggio anche le occorse, perchè restò in mano de vincitori il carroccio loro. Era questo allora l’uso delle città più forti d’Italia di uscire in campagna c...

Osservazioni sulla bonfica veneta

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  La pianura padano-veneta è alluvionale. Si è formata grazie all’attività di alcuni fiumi, tra cui Adige, Frassine, Bacchiglione, Brenta e Piave. Forniamo qualche osservazione sulle opere di bonifica. Fino al XVI secolo enormi zone nella parte bassa erano caratterizzate da ristagno idrico che portava all’accumulo di acqua nelle bassure, localmente “valli”, con formazione di veri e propri laghi, anche di discreta profondità, fedelmente rappresentati nelle carte catastali commissionate dalla Repubblica di Venezia nella seconda metà del XVI secolo. Tali laghi si formavano a causa dell’impossibilità per le acque meteoriche, e dei corsi fluviali minori, di scolare verso il mare in quanto bloccate dalla presenza di dossi sabbiosi, localmente “arzeri”, che non sono altro che letti fluviali abbandonati dei fiumi maggiori. Infatti, a causa della scarsa pendenza della pianura padano-veneta, si ha accumulo di sabbia e detriti nel letto del fiume, fenomeno che non solo lo rende pensile ma in ...

Le quattro giornate di Napoli

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  Tra il 27 ed il 30 settembre del 1943, con l’Italia non più alleata della Germania, una furiosa insurrezione scoppiò a Napoli: è la storia delle “quattro giornate“. La città fu liberata prima dell’arrivo degli alleati in una eroica pagina di storia civile. Fu un moto spontaneo, senza un vero e proprio coordinamento che smosse Napoli devastata da 110 bombardamenti alleati, occupata facilmente dai tedeschi per l’immediato cedimento del comando militare, soggetta alle più vandaliche azioni di rappresaglia, dall’incendio dell’Università alle pubbliche fucilazioni. Il colonnello Scholl, proclamato il coprifuoco e lo stato d’assedio, fece dapprima i conti con la resistenza passiva, con sole 150 persone che si presentarono per il decretato servizio obbligatorio invece delle previste trentamila, poi, mossa l’ennesima rappresaglia, fece i conti con l’esplosione della rivolta. Napoli, priva di viveri e d’acqua, con 200.000 persone senza tetto, si destò dal Vomero, da Chiaia, da Piazza Nazi...

L’assedio di Berga

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  Il resoconto che presentiamo è tratto dal Drapeau Francais ed è estratto dal giornale La Frusta, n. 198 del 29 agosto 1873. Consigliamo al lettore di prendere visione dell’introduzione Cronache della terza guerra carlista estratte da “La Frusta”. *** S.A.R. l’Infante Don Alfonso comandante in capo, avendo raccolta l’armata reale di Catalogna in Prats de llusanes, avea divisato di bloccare la piazza di Berga, e d’attirare così sul terreno della montagna le colonne nemiche (notino i lettori quest’ultima frase, per ispiegare la tattica e lo scopo dei carlisti nel bloccare le città importanti). Il blocco cominciò il 3 agosto. La guarnigione composta di 2200 uomini tentò molte sortite che furono sempre respinte, provando perdite serie, dai corpi piazzati a Bla ed a Gironella. Bentosto essa dovette spedire sotto la protezione di due cannoni del castello dei piccoli distaccamenti a foraggiare lungo le mura con precauzioni infinite. I viveri divenivano rari nella piazza, gli abitanti e l...

Storia del Cristianesimo: il tumulto degli argentieri di Efeso

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  Uno degli episodi del Nuovo Testamento che meglio descrivono i risultati della predicazione paolina in Asia è rappresentato dal tumulto degli argentieri di Efeso. La predicazione dell’apostolo aveva fatto sorgere malumori tra gli orefici che fabbricavano i “tempietti di Artemide” che i devoti della dea acquistavano in pellegrinaggio al tempio cittadino. La predicazione dei cristiani fece calare le vendite e ne scaturì una sommossa in cui i pagani presero in ostaccio due cristiani, ma non è tutto. Le fonti in base alle quali Luca ricostruì il fatto furono forse assai scarne, una semplice notizia ampliata sulla dello stile drammatico del compilatore, come suggerito da Plumacher. Un episodio che spiegherebbe la pericolosità del cristianesimo per il mondo pagano e l’atteggiamento neutrale delle autorità verso la nuova religione. Tuttavia la narrazione dell’evento si presenta così carica di vivacità e particolari che, come osserva Jalaber, “non c’è particolare del racconto che non pos...

Leone X e Clemente VII

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  Nel 1516 Guicciardini passò al servizio del cardinale Giovanni de’ Medici, divenuto papa col nome di Leone X: ottenne anzitutto il governatorato di Modena e, nel 1521, fu nominato commissario generale dell’esercito pontificio. Difese con successo Parma dall’assedio delle truppe francesi e quando, nel 1523, divenne papa Giulio de’ Medici, col nome di Clemente VII, fu nominato governatore della Romagna e divenne poi consigliere del papa e luogotenente del suo esercito. I due pontefici di Casa Medici furono così da lui descritti. *** Leone, che portò la prima grandezza ecclesiastica nella casa dei Medici, e con l’autorità del cardinalato sostenne tanto se e quella famiglia, caduta di luogo eccelso in somma declinazione, che potettero aspettare il ritorno della prospera fortuna: fu uomo di somma liberalità: se però si conviene questo nome a quello spendere eccessivo, che passa ogni misura. In costui assunto al pontificato, apparì tanta magnificenza e splendore, e animo veramente real...

Il Medoacus minor, un fiume scomparso

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  Chi consulta una cartina geografica del Veneto nota subito due cose, il fiume Brenta (che, pressappoco all’altezza di Stra, piega verso Sud per finire in mare poco sotto Chioggia) e la presenza di un numeroso gruppo di Ville Venete situate lungo un canale chiamato Naviglio del Brenta. Se incuriosito da questa denominazione, prova ad approfondire viene a conoscenza che il Naviglio era in passato la parte finale dell’alveo del Brenta, fiume successivamente deviato tra il XIV ed il XVII secolo per evitare l’interramento della laguna. Se decide di scavare ulteriormente apprende che non solo il nome latino del Brenta era Medoaco, ma anche che Plinio parla chiaramente di “duo medoaci”, descrivendo quindi una foce a delta, mentre la “Tabula Peutingeriana” indica lungo la via Popilia, tra le altre, le stazioni di sosta di Mino Medoaco, odierna Lova, e Maio Medoaco, Sanbruson. Se affascinato da questo fiume scomparso prova a cercare, in letteratura o in rete, la descrizione del percorso è...

La sepoltura di Alarico sotto il Busento

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  Dopo aver saccheggiato Roma, i visigoti proseguirono verso l’Italia meridionale dove re Alarico morì improvvisamente nei pressi di Cosenza. Il sacco di Roma si caratterizzò per episodi di inaudita violenza, nonostante resoconti e ricostruzioni spesso contrastanti. Durò probabilmente dai tre ai sei giorni poi, carico di bottino, l’esercito di Alarico riprese la marcia verso il Sud penetrando in Campania e proseguendo verso la Calabria. A Cosenza si diffuse tra le sue fila una febbre aggressiva, forse malaria, che colpì anche Alarico. Secondo Jordanes, il re dei Visigoti fu sepolto sotto il letto del fiume Buxentius oggi Busento. Lo storico scrive (Storia dei Goti, XXX, p. 73): “Piangendo colui che avevano tanto amato, i Goti deviano il corso del Busento, un fiume che, scaturendo dalle falde d’un vicino monte e bagnandola delle sue acque salutari, scorre nelle vicinanze di Cosenza. Nel mezzo del suo letto fanno scavare una fossa da una schiera di prigionieri. Vi seppelliscono Alari...

Eugenio Bonaparte, il “petit prince”

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  Il 15 marzo del 1856, 101 colpi di cannone annunciarono ai parigini che era nato Eugenio Bonaparte, figlio di Napoleone III ed Eugenia de Guzman. Per l’imperatrice fu un scoppio di felicità inaspettata, dopo tre aborti spontanei. Parigi offre la culla al piccolo principe che, a sei mesi, venne incorporato nel primo reggimento granatieri della Guardia Imperiale. Nel 1862 era caporale dei ganatieri. A Palazzo reale occupava il piano rialzato del Padiglione dell’Orologio dove studiò prima sotto la direzione di Monnier poi del generale Frossard. Di spiccata intelligenze, mostrò da subito abilità nell’apprendere le lingue e nel disegno, ma il padre lo voleva indiscutibilmente soldato. Apprese a cavalcare, ad usare la spada, a sparare. Quando il 28 luglio del 1870 Napoleone III partì per seguire le sorti del suo esercito entrato in guerra con la Prussia, lui lo seguì, in divisa di ufficiale di fanteria. Di lì a poco ebbe il suo battesimo del fuoco a Sarrebruck, ma non fu un giorno fort...

La presa di Igualada

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  Dopo la vittoria di Alpens, i carlisti riuscirono a prendere Igualada. Il resoconto che presentiamo è tratto dal Drapeau Francais ed è estratto dal giornale La Frusta, n. 172 del 29 luglio 1873. Consigliamo al lettore di prendere visione dell’introduzione Cronache della terza guerra carlista estratte da “La Frusta”. *** Il giorno 19 dopo un combattimento di 35 ore la città d’Igualada è stata costretta a rendersi ai carlisti. Giammai sino al presente era avvenuta in Catalogna un combattimento così accanito. I vincitori di Alpens assediarono una città da 20 a 25 mila anime, difesa da una guarnigione di circa 2000 uomini, fra truppa regolare e volontari republicani. La resistenza fu disperata. Tre volte con uno slancio ed un ardore ammirabili i carlisti dovettero tornare all’assalto. Tre volte i zuavi del Principe caricarono alla baionetta con una intrepidezza senza pari. Infine, al momento opportuno, si mise in movimento la riserva del colonnello Miret, e la città fu definitivament...

La giovinezza di Savonarola

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  Traiamo questo profilo di Savonarola dall’opera Vita del padre Savonarola dello storico lucchese Gherardo Burlamacchi. *** La statura sua fu mediocre, pendendo più tosto in piccola che in grande; retta nondimeno e libera. Bianco era di carne, pendendo anche alquanto in rosso. Aveva la fronte eminente ed elevata; crespa e grinzata notabilmente; gli occhi erano risplendenti, e di color celeste, circondati intorno di rossi e lunghi peli: il naso era alquanto curvo, e grandetto; onde veniva gran venustà alla faccia : il viso suo era piuttosto pienetto che macilento; con le guancie alquanto apparenti; ed il labbro di sotto, il quale era grossetto, dava molta grazia al suo volto: la memoria sua appariva svelta e spiccata dietro alla testa. E tutte le altre membra del corpo suo erano proporzionate e ben composte, mostrando in tutt’i suoi gesti e movimenti un’aria mansueta e piena di grazia. Le mani erano ossute, e di pochissima carne coperte; talchè accostandole a qualche lume, si vedev...

Sistemi monetari preunitari: cenni di monetazione genovese

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  La tradizione vuole che a concedere a Genova il privilegio di battere moneta sia stato l’Imperatore Corrado III di Svevia sul finire del 1138, privilegio di cui la Superba avrebbe subito usufruito ordinando la coniazione di denari in basso argento che al diritto mostravano il Castello circondato dalla scritta • IA • NU • A • ed al rovescio la croce circondata dalla scritta CONRADVS REX. Indaghiamo sulla monetazione genovese. Pesanti 1,1g ed al titolo di 333/1000 erano tariffati al valore di 1/240 di Lira Genovese e furono, per un lungo periodo, l’unica specie monetaria materialmente coniata. Si dovrà attendere fino al 1292 per vedere il Grosso d’argento tariffato ad un Soldo, valore 12 Denari, ed addirittura fino al 1493 per il Grossone da 20 Soldi con cui la Lira Genovese passa da moneta di conto a moneta reale. Il Grossone cederà, nel 1557, il posto alla Lira come nummo di riferimento della monetazione Genovese in argento, ruolo in cui la Lira stessa sarà sostituita già nel 157...

La Calabria magnogreca

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  Il complesso processo all’origine della grande costellazione di colonie greche nell’Italia Meridionale trovò nella Calabria un approdo rigoglioso. L’agricoltura, lo sport, i commerci, la scultura e la filosofia fiorirono lasciando testimonianze ed echi che ancora oggi colpiscono. I Bronzi di Riace La loro unicità è dovuta anche al fatto che sono pochissime al mondo le statue greche, in bronzo, pervenute intatte fino ai giorni nostri e, fra tutte, queste sono le più belle. Sono il tesoro di Reggio Calabria, sono i Bronzi di Riace. Le due figure, nude, bilanciate e ponderate come il famoso Dorìforo di Policlèto, stanti ambedue poggianti sulla gamba destra col braccio sinistro sollevato a sostenere forse uno scudo, riflettono la tendenza della statuaria greca a cogliere dell’uomo non l’apparenza transitoria, ma la perfezione ideale. Le linee accentuate dallo stacco cromatico del bronzo, poi, conferiscono una forte apparenza di verismo assieme alle labbra e i capezzoli sono di rame, ...

Storia del Cristianesimo: la Domenica per i Cristiani

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  Giustino, filosofo pagano del II secolo, poi convertitosi, fornisce inestimabili informazioni sul culto cristiano della sua epoca e in particolare, in I Apologia, così descrive la celebrazione della domenica: “…Il giorno che si chiama il giorno del Sole, tutti, in città e in campagna si riuniscono in un medesimo luogo: si leggono le memorie degli Apostoli e gli scritti dei profeti. Quando il lettore ha finito, chi presiede fa un discorso per esortare a imitare quegli insegnamenti. Poi ci alziamo tutti in piedi e preghiamo ad alta voce. Poi quando la preghiera è terminata, si porta del pane, con vino ed acqua. Colui che presiede leva al cielo preghiere e ringraziamenti come può e tutto il popolo risponde acclamando: Amen. Poi si dividono e si distribuiscono a ciascuno le cose consacrate, pane e vino, anche agli assenti si porta la loro parte per mezzo dei diaconi”. Queste parole ci illustrano un’antichissima tradizione. Ignazio di Antiochia già nel I secolo definiva i cristiani “i...

La città di Kecskemét

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  Kecskemét è situata nel cuore della puszta, la grande pianura ungherese. Capoluogo della provincia di Bacs-Kiskun, è oggi un grande centro di produzione e lavorazione della frutta. Sorge su un insediamento risalente all’età del bronzo, in un’area abitata dagli iazigi intorno al 20 d.C., seguiti poi da ondate successive nei secoli da sarmati, unni ed infine magiari. All’inizio del XIII secolo, c’erano sette villaggi nell’area, ciascuno con una popolazione di circa trecento uomini, tutti arroccati attorno alle loro chiese. Kecskemét crebbe perchè riuscì a divenire uno snodo lungo le arterie commerciali della regione e nel Trecento, sotto Luigi d’Ungheria, viene citata come oppidium. La vita economica continuò ad avere una spiccata dimensione rurale, ma famiglie di commercianti e artigiani, anche di origine ebraica, rappresentavano una componente importantissima. Durante l’invasione turca, i contadini cristiani dei villaggi vicini ripararono qui, protetti da una solida palizzata dif...