Truffa dei Luigini

 





È il nome che viene dato in letteratura ad una speculazione finanziaria avvenuta negli anni '60 e '70 del XVII secolo.


Per raccontarvi di cosa si tratta, innanzitutto devo spiegare, o almeno provare a farlo, alcune caratteristiche della circolazione monetaria nel XVII secolo, sempre ammesso e non concesso che sia io per primo ad averle capite... 😰

Nel XXI secolo esistono tre forme di moneta:

cartacea

metallica

scritturale ( ebbene sì, maledetti modernisti. Io sono un classicista convinto e non userò mai l'orrendo termine " elettronica " )


Queste 3 specie esistevano anche nel XVII secolo, ma la " cartacea " era solo un qualcosa di sperimentale, quindi ai fini della spiegazione può essere ignorata, e la " scritturale non ha a che fare con la " Truffa ".

Resta la " metallica ".

Questa poteva essere prodotta in oro, argento, biglione o rame, ed il valore era fissato per decreto sulla base del fino.

Solo le prime 2 tipologie, oro ed argento, avevano potere liberatorio, cioè la capacità del denaro di estinguere il debito, illimitato mentre le seconde erano utilizzate solo nel piccolo commercio ed erano posti dei limiti alla loro accettazione.

Nel XXI secolo termini come " denaro ", " moneta " e " valuta " sono sinonimi, ad esempio noi Italiani teniamo la contabilità in Euro divisi in 100 centesimi ed usiamo monete metalliche, ma anche cartacee, il cui valore è espresso in Euro o nei suoi multipli o sottomultipli.

Nell'Europa del XVII secolo le cose erano differenti.

Per " valuta " si intendeva come uno Stato sceglieva di tenere la propria contabilità, ad esempio in Francia, Isole Britanniche ed Italia del Nord si usava lo schema Carolingio


1 Lira = 20 Soldi = 240 Denari


Non sempre Lire, Soldi e Denari esistevano anche come moneta metallica.

Ad esempio nell'anno 1786 una Lira Veneta di Piccoli, valuta della Repubblica di Venezia, corrispondeva alla 22esima parte di uno Zecchino, circa 0,159 g di oro, o all'ottava parte di un Ducato Effettivo " Da 8 ", circa 2,352 g di argento.

Nel Regno di Francia invece una Livre Tournois nel 1786 corrispondeva alla 24esima parte di un Luigi d'oro, circa 0,292 g di metallo giallo, o alla sesta parte di uno Scudo, circa 4,505 g di argento.


Nel XVII secolo poteva accadere che due Stati diversi avessero la stessa valuta, moneta di conto, e l'espressione fisica della stessa, corrispondenza in grammi di argento o oro fino, differiva tra stato e stato.

Come esempio posso portare la Repubblica di Venezia ed il Regno di Francia, dove in entrambi si teneva la contabilità in Lire/Livres di 20 Soldi/Sou da 12 Denari/Denier.

Non bisogna tuttavia pensare che l'uguaglianza dei nomi implicasse anche l'uguaglianza della quantità di beni e servizi che si potevano ottenere con una Unità di Conto.

Ad esempio Andrea Zannini, nel suo " L'economia Veneta nel Seicento ", scrive che nella città di Venezia, nell'anno 1711, una giornata lavorativa di un manovale era retribuita con la somma di 44 Soldi di Lira Veneta, circa 5,83 grammi di argento fino, e che quell'importo gli consentiva di acquistare circa 9,5 kg di grano.

Invece Micheline Baulant, nel suo " Salaire des ouvriers du bâtiment à Paris de 1400 à 1726 ", scrive che nella città di Parigi, nell'anno 1711, una giornata lavorativa di un manovale era retribuita con la somma di 17 Sou de Livres Tournois, circa 4,98 grammi di argento fino.

Sempre Micheline Baulant, nel suo " Le Prix de Grains à Paris de 1431 à 1788 ", scrive che nel 1711 " le froment de meilleure qualitè " si vendeva a 18,13 Livres Tournois decimalizzate " pour setier ", un setier = 156,1 litri.

Ne consegue quindi che con la sua paga di 17 Sou un manovale poteva acquistare 5,56 kg di grano.

Lo stipendio del manovale Veneziano è nominalmente superiore del 158,8 %, 44/17, sull'omologo Parigino, concretamente del 17 %, 5,83/4,98, ma materialmente del 70,86%, 9,5/5,56.


Lo " step " successivo è spiegare il meccanismo con cui uno stato stabiliva la tariffa per cui dovevano essere spese nel proprio territorio le monete realizzate in Zecche straniere.

La regola generale, pur in presenza di infiniti distinguo, stabiliva che a peso e fino simili corrispondeva tariffa simile.

Un buon esempio può essere la tariffa che nella seconda metà del XVIII secolo la Repubblica di Venezia stabiliva per gli Zecchini prodotti all'estero.

Lo Zecchino dei Duchi di Savoia era identico in peso a quello lagunare, ma realizzato con oro leggermente meno puro, 988/1000 invece di 1000/1000.

La tariffa per lo Zecchino Sabaudo era quindi quella lagunare, 22 Lire Venete di Piccoli, calata di un 4,5%, fino inferiore + costo che dovrà sostenere la Zecca Veneziana per affinare quell'oro allo standard Veneto, ovvero 21 Lire di Piccoli.

Un altro esempio può essere la tariffa che, sempre nella seconda metà del XVIII secolo, la Dominante stabiliva per i Filippi Milanesi.

Questo era una moneta d'argento leggermente meno pesante del Ducatone Veneto, -1,4%, ma realizzata con una lega d'argento migliore, 958/1000 contro 948/1000.

Il fino del Filippo era lo 0,6% inferiore rispetto a quello del Ducatone ma la Repubblica, che nella seconda metà del XVIII secolo aveva difficoltà a rifornirsi di argento grezzo, lo tariffava comunque a 11 Lire Venete di Piccoli.

Risulta evidente come nel primo caso la Repubblica cercasse di scoraggiare l'uso di Zecchini stranieri sul proprio territorio, mentre nel secondo, al contrario, incoraggiava l'ingresso sul proprio territorio di grosse monete d'argento realizzate negli stati confinanti, ma in entrambi i casi per stabilire la tariffa i Ragionati Ducali si erano basati sul confronto di peso e fino.


Può sembrare un informazione scontata ma oro, argento e rame non sono risorse rinnovabili, bensì prodotti dell'industria mineraria.

Ricordando che nel XVII secolo, ma anche prima o dopo, i metalli di cui sopra erano utilizzati per la produzione delle monete risulta evidente che quegli stati in cui erano presenti miniere da cui estrarli erano avvantaggiati dal punto di vista dell'approvvigionamento, mentre quelli che ne erano privi dovevano ricorrere ad altri fonti.

La prima, e più ovvia, era l'acquisto all'esteri del metallo necessario.

La seconda consisteva nel riciclare, fondendole, le monete straniere che entravano nel territorio dello stato a seguito dei commercianti che partecipavano a fiere o mercati.

Il commercio però, rappresentava un arma a " doppio taglio " dal punto di vista dell'approvvigionamento.

Quando, ad esempio, un Mercante Milanese si recava a fare acquisti a Padova esportava nel territorio della Repubblica del buon argento lombardo, e questo faceva piacere ai Veneti Serenissimi Zecchieri, ma quando un Mercante Padovano si recava ad acquistare merci all'ombra della Madonnina erano gli Zecchieri lombardi a strofinarsi le mani soddisfatti.

Finché i flussi commerciali si mantenevano in equilibrio, tanto argento usciva tanto argento entrava, non vi erano problemi.

Questi invece si verificavano quando il flusso diventava " a senso unico ", ad esempio un acquisto smodato all'estero di beni di lusso.

In pratica quello che avveniva nell'Impero Ottomano verso la metà del XVII secolo, durante la fase finale del Sultanato delle Valide.


Tecnicamente l'Impero Ottomano nella prima metà del XVII secolo non può essere definito uno " stato europeo ".

Si trattava infatti di un impero transcontinentale, ma poiché ho necessità di semplificare la narrazione, e ricordando che sia la sua capitale, Kostantiniyye, sia il suo principale " competitor ", il SRI, si trovavano in Europa lo definirò europeo.

Rispetto agli stati europei suoi contemporanei l'Impero Ottomano era caratterizzato dalla particolarità della sua circolazione monetaria.

Sebbene esistesse una moneta nazionale, l'Aspro, questa non solo coesisteva con le monete locali dei popoli conquistati dagli Ottomani ma, addirittura, la produzione delle Zecche Imperiali era gravemente al di sotto del bisogno.

Non sono in grado di spiegare questa incapacità di produrre il necessario da parte delle officine imperiali, posso solo dire che tutti gli autori che ho consultato insistono molto sul passivo commerciale di Kostantiniyye nei confronti della Persia.

A quanto sembra gli Ottomani avevano ereditato dell'Impero Romano la cattiva abitudine di spendere all'estero, in questo caso in Persia, cifre enormi nell'acquisto di beni di lusso.

Il problema della scarsità di moneta metallica circolante era affrontato dal Divano Imperiale incoraggiando l'uso di monete europee, per le quali veniva fissato un valore in Aspri.

Questo portava al paradosso che, nel corso del Seicento, la circolazione monetaria interna all’Impero era costituita prevalentemente da Gulden olandesi, Ongari ungheresi, Zecchini Veneziani, Talleri imperiali e Pezzi da otto spagnoli.

Gli Ottomani, infine, avevano la bizzarra abitudine di aprezzare una moneta più per l'eleganza del conio che non per il suo contenuto di fino.

Tutto era pronto perché si scatenasse la " tempesta perfetta "...


Insomma, verso la metà del XVII secolo il circolante nell'Impero Ottomano era costituito praticamente solo da monete cristiane e la più diffusa, almeno tra quelle d'argento, era il Pezzo da 8 Spagnolo.

Si trattava di un nummo pesante 8/67 di Marco Castellano, circa 27,47 grammi moderni, alla " ley " di " 11 dineros y 4 granos ", circa 930/1000 moderni.

Oltre agli Spagnoli anche Genovesi, Veneziani e Francesi impiegavano il Pezzo da 8 per il commercio in Oriente, ma per gli ultimi a partire dal 1653, verosimilmente a causa della guerra in corso tra Madrid e Parigi, divenne impossibile procurarsene, rendendo indispensabile la ricerca di un sostituto che venne individuato nell'Écu, moneta di ottimo argento, fino di 958/1000, qualche autore scrive 967/1000 ma non è il millesimo che fa la differenza, tariffata a 3 Livres Tournois e pesante 1/9 di Marco di Parigi, circa 27,19 grammi moderni, e nei suoi sottomultipli da 1/2, Mezzi, 1/4, Quarti, e 1/12, Dodicesimi o Luigini.

Il peso dell'Écu era l'1% in meno rispetto al Pezzo da 8 ma il suo fino maggiore faceva si che il contenuto di argento fosse un 1,8% maggiore.

Concretamente però le 2 monete in Oriente venivano considerate " alla pari " ed a Smirne un debito di un Pezzo da 8 era considerato estinto consegnando 12 Luigini di giusto peso.

Quello che ne a Parigi ne a Madrid potevano immaginare era che le donne Turche, incantate dalla " vaghezza " dei Luigini, iniziarono a richiederli onde forarli per poi impiegarli come orecchini o ornamento dei loro hijab, dei loro abaya, dei loro niqab...


A causa forse della guerra in corso tra Madrid e Parigi, a partire dal 1653 divenne impossibile per i mercanti Francesi procurarsi dei Pezzi da 8, indispensabili per il commercio in Oriente, tanto che questo era stato sostituito con l'Écu, e con i suoi spezzati da 1/2, Mezzi, 1/4, Quarti, e 1/12, Dodicesimi o Luigini.

Scrivevo anche che le donne Turche, sedotte dalla " vaghezza " dei Luigini, iniziarono a richiederli onde forarli per poi impiegarli come orecchini o ornamento dei loro hijab, dei loro abaya, dei loro niqab.

Questo ebbe delle conseguenze, la continua richiesta di Luigini da impiegare a scopo decorativo fece innalzare il valore nominale della monetina che da 1/12 di Pezzo da 8 passò presto ad 1/8 di Pezzo da 8!!

Il brutale innalzamento del loro valore nominale trasformò i Luigini da moneta a pura merce, rendendo economicamente conveniente esportali in Oriente onde scambiarli con Pezzi da 8, operazione che garantiva un guadagno di 1/3.

Il problema era che la Zecca Reale non garantiva una produzione adeguata a quelle che erano le necessità degli speculatori, tuttavia questi trovarono il modo di aggirare il problema acquistando i Luigini da privati che o godevano del privilegio di battere moneta o se lo erano procurato in virtù del loro " status " di sudditi imperiali.

Ovviamente la prima persona a cui gli speculatori si rivolsero fu Lei, la Paris Hilton del '600, la Kim Kardashian in versione Rococò, Anne-Marie-Louise d’Orléans, duchesse de Montpensier, la Grand Mademoiselle titolare " ab antiquo " di un antichissimo privilegio di Zecca in quel di Dombes.

Tuttavia l'opificio Trévoltiens non era sufficiente a soddisfare l'ingordigia degli speculatori, il problema principale era che la Grand Mademoiselle in quanto suddita, e cugina, di Louis - " l'état c'est moi " - Dieudonné, Quatorzième du Nom, era obbligata a rispettare le Sue Reali Disposizioni in materia monetaria, tra cui quella relativa al fino delle monete.

Ma tale obbligo non sussisteva, invece, per coloro che, oltre ad essere titolari del Diritto di Zecca, non erano sudditi del Re di Francia, come ad esempio i Feudatari Imperiali Genovesi, e che quindi oltre a realizzare monete con impronte di fantasia avevano la possibilità di realizzarle ad un fino ribassato.


Ma in che modo l'alterazione del fino aumentava il guadagno degli speculatori che producevano Luigini da smerciare in Oriente?

Faccio un esempio.

Inanzitutto devo premettere che i produttori di monetine destinare al mercato orientali nelle loro Zecche non partivano mai da argento in lingotti, per la lavorazione venivano usati i Pezzi da 8, o Piastre, spagnoli di cui il mercato sovrabbondava.

Ricorderete che sopra scrivevo che il Pezzo da 8 pesava 12 volte un Luigino, uno speculatore dalla fusione di 40 Pezzi da 8 ricavava pasta metallica sufficiente alla produzione di 480 monetine.

Trasferite in Oriente le scambiava con altri Pezzi da 8, al cambio di 8 Luigini per Piastra, per un totale di 60.

Recuperava così il suo investimento iniziale di 40 Piastre, ottenendo un guadagno di 20.

Detratte le spese per l'affitto dei locali della Zecca, il salario degli operai, il costo del trasporto delle monetine in Oriente, dazi doganali e provvigioni agli agenti ne restavano, netti, almeno 12, si tratta di un mio calcolo approssimativo!!, ovvero un utile del 30%.

Nel caso che lo speculatore avesse aggiunto ai 40 Pezzi da 8 del rame puro per un peso equivalente a quello di 20 Piastre avrebbe prodotto della pasta metallica sufficiente alla produzione di 720 Luigini che, una volta trasferiti in Oriente, avrebbe scambiato con 90 Pezzi da 8, con un guadagno di 50!!

Anche in questo caso doveva detrarre le spese di cui sopra che importavano, si tratta sempre di miei calcoli approssimativi, almeno 20 Piastre, realizzando un utile del 75%!! 😱

L'utile degli speculatori si sarebbe ulteriormente innalzato qualora fossero state prodotte monete a fino ancora più basso.

Ad esempio nel caso di una fusione preparata con 40 Piastre e rame per un peso equivalente a quello di 40 Piastre lo speculatore avrebbe ottenuto una pasta metallica sufficiente alla produzione di 960 monetine...

Non sono in grado di indicare chi fu il primo ad alterare il fino dei Luigini destinati all'Oriente.

In una " Grida " Genovese del 29 Settembre 1667 si può leggere che i primi sarebbero stati alcuni Francesi, che avrebbero ricevuto licenza nel 1663 di stampare i Luigini alla " bontà di once 8 ", circa 667/1000 moderni, da Guglielmo III D'Orange-Nassau, che però all'epoca aveva 13 anni...

Purtroppo nonostante tutti i miei sforzi non sono riuscito a recuperare nessun testo che parli della monetazione nel Principato di Orange, quindi non posso ne smentire ne confermare.

Sicuramente produssero Luigini adulterati i:


Centurioni-Scotti


Contratto del 31 Agosto 1668 col quale Giovanni Massaure prende in locazione la Zecca di Campi dietro pagamento di un canone annuo di 1.200 Pezzi da 8 per la produzione di Luigini alla " bontà di once 6 ", 500/1000 moderni.


Cybo-Malaspina


Contratto del 1661 col quale Giovanni Margariti prende in locazione la Zecca di Masss per produrvi Luigini alla " bontà di once 10 ", circa 833/1000 moderni.


Doria


Particolarmente attiva nella produzione di Luigini contraffatti era la Principessa Violante Lomellini-Doria che, il 27 Marzo 1664, affittava per 4 anni, dietro pagamento di un canone di 4.000 Pezzi da 8 da corrispondersi in 4 comode rate annuali, la propria Zecca di Loano al Nizzardo Onorato Bleuet affinché vi producesse


" Luigini , purchè non avessero bontà minore di carati 8 argento fino, per ogni libbra "


Non si tratta dell'unica locazione messa in opera da Donna Violante!!

Già nel Settembre 1665, tacitati gli scrupoli di coscienza grazie all'intervento del Padre Confessore Pier Domenico Pier Dominici della Congregazione di San Filippo Neri, la Principessa affitava, dietro pagamento di un canone di 4.500 Pezzi da 8 da corrispondersi in 3 comode rare annuali, la propria Zecca di Torriglia a Francesco Moretti, affinché vi producesse Luigini che imitassero l'aspetto di quelli Anna Maria Luisa d'Orléans, Duchessa di Montpensier.

Successivamente Donna Violante apriva ulteriori opifici destinati alla produzione dei Luigini a:


Laccio, Conduttore Paris Tasca, canone annuo 1.500 Pezzi da 8

Montebruno, Conduttore Paolo Valderone, canone annuo 1.500 Pezzi da 8

Carrega, Conduttore Giovanni Piangivini, canone annuo 1.750 Pezzi da 8

Grondona, Conduttore Giacomo Ginocchio, canone annuo 2.250 Pezzi da 8


Il contenuto in argento fu largamente disatteso, nei documenti dei Conduttori sono registrate monetine alla " bontà di once 5 ", circa 417/1000 moderni.


Esiste una stima del numero di Luigini adulterati prodotto? E quale fu il " granello di sabbia " che fece inceppare il " meccanismo " della Truffa?

Prima di provare a rispondere vorrei descrivere un ulteriore aspetto della speculazione che in precedenza non avevo affrontato.

Ricorderete che sopra ho scritto che il Luigino pesava 1/12 di Pezzo da 8, quindi circa 2,27 grammi moderni, ma non sempre le monetine destinate all'Oriente raggiungevano questo peso.

Nei cataloghi infatti sono registrati pezzi di peso corretto, ma anche Luigini " scarsi " da 1,9 , 1,7 , 1,5 e, persino, 1,1 grammi moderni!!

Questo ci dice che non solo gli speculatori alteravano il fino dei pezzi ma baravano anche sul peso producendo per ogni Pezzo da 8 da loro disfatto 14, 16, 18 od addirittura 24 monetine che a Smirne sarebbero state scambiate con Piastre nuove al cambio di 8 Luigini per Piastra...

Detto questo passo a rispondere alla prima domanda, quanti Luigini sono stati prodotti?

Non sono in grado di rispondere, posso solo riportare 2 dati.

Il primo è una lettera del Commissario Pietro Battista Arduini diretta al Principe Andrea III Doria.

Nella missiva il Commissario informa il Principe che dal 16 Febbraio 1665 al 2 Aprile 1669 la Zecca di Loano aveva trasformato in Luigini tra 750.000 ed 800.000 Pezzi da 8!! 😱

Il secondo è un estratto dal Mantellier, in cui riferisce che Anne-Marie-Louise d’Orléans, duchesse de Montpensier, nei 15 anni in cui il suo l'opificio Trévoltiens aveva prodotto Luigini ha raggranellato la bella somma di 1.5 milioni di Livres Tournois, cifra con la quale a Parigi ti compravi una collana di diamanti da Böhmer & Bassenge...

Per quanto riguarda la seconda domanda, " quale fu il granello di sabbia che inceppò il meccanismo della Truffa? " devo dire che fu l'avidità di alcuni speculatori Italiani.

Costoro, tesi a massimizzare i profitti, iniziarono a produrre Luigini con impronte di fantasia...

Dovete sapere che nell'Ancien Régime era lo stemma al diritto dell'Ente di Emissione, Re Principe Duchessa etc etc, che certificava peso e bontà del metallo.

Nella seconda metà del XVII secolo il commercio avveniva in 2 modi, chi voleva acquistare consegnava metallo monetato in cambio di merci di cui necessitava, invece chi voleva vendere chiedeva metallo monetato in cambio di merci che erano nella sua disponibilità.

Se per un Europeo non c'erano problemi a recarsi a Smirne ad acquistare merci pagando con monetine ormai quasi di rame puro che venivano accettate dai Turchi come fossero d'argento, c'erano invece problemi per un Europeo, quasi sempre Inglese, che si recava a Smirne a consegnare le proprie merci per le quali non intendeva ricevere in cambio monetine ormai quasi di rame puro...

Finché i Luigini che circolavano in Oriente riportavano ben chiaro al diritto lo stemma di colui che li aveva fatti emettere, era sempre possibile per un commerciante conoscere il loro contenuto di argento e stabilire quindi quanti ne voleva ricevere in cambio della merce che aveva consegnato, per un mercante non ha importanza che il cliente paghi con moneta grossa o piccola, basta che paghi...

Ma nel momento in cui iniziarono a diffondersi quelli con impronte di fantasia questa operazione diventava difficile se non impossibile.

La Legge di Gresham è implacabile, esattamente come i Luigini avevano fatto sparire dalla Turchia Talleri Imperiali e Piastre Spagnole, i Luigini " di fantasia " fecero sparire quelli " buoni ".

Il dramma stava per consumarsi...


Ma in che modo i commercianti della metà del XVII secolo si informavano sul corso delle monete e come avveniva il commercio in Oriente nel momento in cui i Luigini erano diventati la sola specie metallica circolante.

Partiamo dalla prima.

La creazione di una moneta, o le modifiche apportate ad un conio già esistente, non erano atti segreti bensì pubblici.

Al riguardo veniva pubblicata, dall'autorità che materialmente ordinava la produzione, una, perdonate la scelta " Manzoniana " del termine 😁 , " Grida " dove erano descritte le caratteristiche ponderali ed estetiche del pezzo.

Copie della " Grida " venivano inviate presso le capitali dei potentati vicini, per i Feudi Imperiali Liguri questo significava Torino, Milano, Genova, Firenze, Massa e Lucca, e nelle principali fiere commerciali.

I mercanti durante le fiere, o in occasione di viaggi nelle Capitali, si procuravano copie delle " Grida ", che a loro volta poi diffondevano tra i loro colleghi, in modo da restare aggiornati sul corso dei cambi.

Per quanto riguarda il secondo punto, modalità del commercio a Smirne, o in altri porti orientali, bisogna distinguere tra acquisto di merci o vendita delle stesse.

Nel primo caso, acquisto di merci Turche da parte di mercanti Europei, la transazione era perfezionata con la consegna di moneta metallica.

Questa poteva anche essere rappresentata dai Luigini adulterati, i Turchi li accettavano per buoni ed ad un cambio estremamente favorevole.

Diverso era il caso di un mercante Europeo che esportava le sue merci in oriente, merci per le quali voleva essere pagato in moneta metallica.

Per spiegare questo secondo caso farò un esempio di fantasia, avvertendo che i numeri sono puramente indicativi, scelti solo per ottenere come risultati dei numeri interi.


Un mercante Inglese, Toni Vianeo del fu Menego, deve trasportare delle merci a Smirne dove saranno consegnate nel Caravanserraglio di Bepi Boscolo del fu Marco.

Toni, per recuperare l'investimento iniziale, pagare il trasporto fino a Smirne, i dazi doganali le provvigioni agli agenti e vedersi riconosciuto un onesto guadagno, deve ricavare da questa transazione almeno 2.680 Pezzi da 8 Spagnoli.

Il problema è che Bepi Boscolo del fu Marco in cassa non dispone di Pezzi da 8, ma solo di Luigini di Donna Violante Lomellini-Doria, e chiede a Toni se è disponibile ad accettarli in pagamento, e se sì a che tasso.

Toni, che prima di partire per Smirne si è procurato tutte le ultime " Grida " in materia monetaria, sa che 12 Luigini di Donna Violante pesano quanto un Pezzo da 8, ma sa altresì che mentre il Pezzo da 8 originale ha un fino di 11 once e rotti i Luigini di Donna Violante solo di 8 once.

Ma Toni sa anche che in Europa i Luigini di Donna Violante non possono circolare, l'unica cosa che potrà fare sarà consegnarli alla Pubblica Zecca che glieli cambierà, dietro pagamento di una provvigione, in moneta buona e propone quindi a Bepi:


" zentottantanove Tumini par diexe Piastre "


cioè:


" 189 Luigini ogni 10 Pezzi da 8 "


Resta il problema di come contare 50.652 Luigini, ma Toni non è tipo da scoraggiarsi!!

Infatti, ricordando che 67 Piastre devono pesare esattamente 8 Marchi di Castiglia dice a Bepi che il pagamento sarà perfezionato col saggio alla bilancia, cioè il Turco dovrà consegnare tanti Luigini quanti ne bastano per raggiungere il peso di 504 Marchi di Castiglia.

Bepi non è particolarmente felice di quest'ultima richiesta, sua intenzione era pagare con Luigini " tosati " in modo da barare sul peso ma ha urgente bisogno delle merci di Toni quindi accetta.


Ovviamente il meccanismo che ho descritto è possibile soltanto se Bepi presenta monetine che mostrano, ben chiara e riconoscibile, un impronta uguale a quella che Toni trova descritta nelle sue " Grida ", nel momento in cui Toni si vedrà consegnare Luigini con impronte di fantasia la procedura di prima diventa impossibile ed il commercio si blocca.

E questo è quanto effettivamente accaduto nel 1666 ad alcuni commercianti Inglesi, che se ne lagnarono con il loro Governo, dando il via ad una frenetica serie di accuse e contro-accuse.

Londra, infatti, protestò presso la Sublime Porta per quanto accaduto ai propri sudditi.

Il Divano Imperiale girò le accuse al Re di Francia, accusandolo di essere un falsario.

Louis - " l'état c'est moi " - Dieudonné, Quatorzième du Nom, protestò per quanto accadeva col l'esimio collega Leopold Ignaz Joseph Balthasar Franz Felician von Habsburg, Kaiser des Heiligen Römischen Reiches sowie König in Germanien, Ungarn, Böhmen, Kroatien und Slawonien.

Leopold, che un pò di responsabilità in questa storia l'aveva, non volendo fare la figura di quello che non fa un kaiser presentò una protesta ufficiale presso il Governo della Superba.

Ultima ad essere chiamata in causa, Genova rispose con una " Grida " che rendeva illegale la produzione, detenzione e lo spaccio di Luigini pur specificando che gli attori principali erano sudditi imperiali, quindi fuori dalla giurisdizione della Repubblica.

Ad onor del vero ho l'impressione che ne la Superba ne il Sacro Romano Impero combattessero con decisione contro il malcostume ed intanto, mentre in Europa si discuteva, dai torchi Liguri uscivano ulteriori ondate di monetine di fino sempre peggiore, alcuni autori scrivono " Rame argentato "...

Il Divano Imperiale tentò inizialmente di stabilizzare la circolazione monetaria accettando i Luigini adulterati in pagamento delle tasse, ma ben presto iniziarono a rifiutarli in pagamento anche Arabi e Slavi, costringendo la Sublime Porta ad inizio 1669 a decretare la Pena di Morte per coloro che li respingevano.

Cominciarono giorni da incubo, nelle relazioni dei Consoli Europei sono descritte scene di follia.

A fine di marzo 1669 scrivevano che


" i dintorni di Smirne erano tutti mezzi sollevati, ed in Burscia si era venuto sino al sangue, essendo stato ucciso un ciorbagi e quello che scodeva i carracci del Gran Visir. Il Cadì, ferito in un braccio e tutto ciò perché si rifiutarono di accettare in pagamento i luigini "


Le rivolte erano esplose anche a Costantinopoli perché


" nel Mar Nero per li grani non volevano timini, e quelli che vendevano la robba del Cairo li rifiutavano, sicchè la minuta gente non haveva con che sussistere, non trovandosi allora mai moneta altro che luigini e per la scarsezza di grani la città pativa la fame "


Oppure che


" con i luigini non si trovava il pane et il popolo non haveva altra moneta. Non si sentiva che lamenti de poveri che morivano di fame con la moneta in mano. Lontano da Costantinopoli non volevano sentirli nominare e quasi si rifiutavano in elemosina "


Epilogo:


Il viaggiatore che nella tarda Primavera del 1669 si fosse trovato a transitare per Smirne avrebbe assistito ad uno spettacolo incredibile, decine di navi alla fonda nel porto i cui marinai gettavano in mare le pietre di zavorra.

Ma non di una nuova follia degli Infedeli si trattava, bensì della semplice necessità di far posto nei legni ad una nuova tipologia di merce in esportazione, migliaia di libbre di Luigini adulterati.

Era accaduto che nel mese di Maggio la Sublime Porta aveva messo al bando qualsivoglia tipo di Luigino, ed agli speculatori non era rimasta altra scelta che rispedire a Livorno le monetine.

Una volta giunti nel porto Toscano i " Tumini " venivano sbarcati per essere fusi per affinare l'argento separandolo dal rame.

Per ben 4 anni le navi Europee ripartirono da Smirne cariche di milioni di monetine che a Livorno venivano trasformati in lingotti che gli ex speculatori rivendevano alla Zecca Marciana.

Nonostante l'argento prodotto a Livorno fosse giudicato " di pessima qualità " l'Antica Rivale era così incredibilmente affamata che non v'era partita di lingotti che i Provveditori Veneti rifiutassero.


Autore articolo: Enrico Pizzo 


Bibliografia:


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Giorgio Viani, " Memorie della famiglia Cybo e delle monete di Massa di Lunigiana "

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Micheline Baulant, " Le Prix de Grains à Paris de 1431 à 1788 "

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Şevket Pamuk - " A Monetary History of the Ottoman Empire "


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